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Nonostante il dimensionamento scolastico avrà i suoi maggiori effetti a partire dal 2024/25, già nel 2023 molte scuole saranno colpite, soprattutto al Sud. it-IT Editoriale 2023-02-01T13:02:10+01:00
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Dimensionamento scolastico 2023: arrivano i tagli. Il Sud più colpito del Nord

Nonostante il dimensionamento scolastico avrà i suoi maggiori effetti a partire dal 2024/25, già nel 2023 molte scuole saranno colpite, soprattutto al Sud.

Redazione Universo Scuola
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Il dimensionamento scolastico comincia a fare sentire i suoi effetti già dal 2023. Previsti infatti numerosi tagli, conseguenti al calo della popolazione scolastica. Si è infatti stimato che da oltre 8 milioni, questa scenderà a meno di 7 milioni nell'arco di 10 anni.

Appare dunque inevitabile che la scuola subisca dei tagli. Come spesso accade, il provvedimento avrà effetti diversi lungo la penisola. Saranno infatti le scuole delle regioni del Sud a essere più colpite.

Dimensionamento scolastico 2023: accorpamenti, perdita di autonomia e taglio del personale

Ma cosa accade realmente con il dimensionamento scolastico previsto già a partire da quest'anno? Secondo le stime ufficiali, già nel 2023, quasi 700 scuole saranno accorpate in base a quanto deciso in sede di Legge di Bilancio.

La Conferenza delle Regioni è infatti entrata in contatto con il ministero dell'Istruzione e del Merito per decidere quali istituti dovranno essere uniti nel corso dei prossimi mesi.

Come anticipato, il provvedimento colpisce soprattutto le regioni del Sud, con la Campania che sarà la regione maggiormente penalizzata: saranno più di 140 le fusioni tra scuole, con conseguenti tagli di personale, tra cui dirigenti scolastici e Dsga.

Qui una veloce prospettiva sugli accorpamenti divisi per regioni:

  • Campania: 146
  • Sicilia: 109
  • Calabria: 79
  • Puglia: 66
  • Sardegna: 45
  • Lazio: 37

Colpito anche il personale Ata, con gli assistenti amministrativi che dovranno cambiare sede se di ruolo, mentre i precari dovranno sperare di ricevere chiamata per un altro posto di lavoro. L'autonomia delle scuole porterà infatti all'eliminazione di centinaia di segreterie didattiche, economiche e del personale.

Un provvedimento sicuramente divisivo. Si pensi infatti al caso della fusione di un istituto scolastico che conta 400 studenti e un plesso secondario con una scuola più grande, con 800 studenti e due succursali: prima della fusione la scuola più piccola contava 7 collaboratori scolastici, mentre la scuola con 800 studenti 12; dopo la fusione l'istituto avrà 1200 studenti e solo 14 collaboratori scolastici al posto degli iniziali 19, pur non cambiando le esigenze di pulizia e sorveglianza.

Il dibattito politico. Il dimensionamento è davvero necessario?

Come facilmente prevedibile, il provvedimento ha infiammato il dibattito politico. Tra i più insoddisfatti, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che ha già annunciato l'intenzione di impugnare la decisione del governo in merito al dimensionamento scolastico, di fronte la Corte costituzionale.

L'auspicio di De Luca è che quella della Campania non rimanga un'azione isolata, e che le altre regioni del Sud lo seguano nella sua iniziativa. Critica anche Barbara Floridia, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, che ha parlato di attacco alla scuola pubblica, con un provvedimento scellerato che andrà a privare piccoli comuni di quelle piccole scuole fondamentali per il territorio.

Il ministro dell'Istruzione e del Merito però difende la bontà del provvedimento. Valditara sottolinea come il dimensionamento scolastico sia una misura necessaria, che ha per obiettivi la mitigazione degli effetti delle norme precedenti e il rispetto dei vincoli Ue nell'attuazione del PNRR.

Per Valditara dunque il provvedimento evita la penalizzazione di 90 posizioni di dirigente scolastico e direttore amministrativo. Precisa inoltre il ministro, nessuna scuola sarà chiusa, ma verrà migliorata l'efficienza della dirigenza sul territorio, con l'eliminazione dell'abuso della misura di reggenza.

Polemica la chiusura di Valditara, che prima ricorda a De Luca come non si possa essere "Europeisti a corrente alternata" (in riferimento al rispetto dei vincoli per il PNRR) e poi lancia una stoccata ai suoi predecessori. Gli ex ministri dell'Istruzione Azzolina e Bianchi avrebbero infatti avuto la colpa di far credere che vi sarebbero state nuove istituzioni scolastiche, ma solo per tre anni.

Per Valditara si sta dunque parlando di un provvedimento necessario, che porterà a benefici nel lungo periodo, adeguando la pianificazione delle Regioni in base alle esigenze territoriali, tenendo conto dell'evoluzione della natalità in un arco decennale.

Sindacati contrari. Eppure la denatalità è un fenomeno innegabile

Intanto anche i sindacati non ci stanno. Francesco Sinopoli, segretario generale di Flc-Cgil ha detto senza mezzi termini che il dimensionamento scolastico non è nient'altro che una serie di tagli, portati avanti con la scusa della coerenza con gli obiettivi del PNRR.

Contestato anche il pretesto dell'eliminazione fenomeno delle reggenze. Usb Scuola fa notare infatti come pur venendo meno le reggenze, i presidi avranno in affidamento ancora più plessi, con un carico di lavoro maggiore che in alcuni casi può estendersi su scuole dislocate in più comuni.

Il presidente nazionale di Anief, Marcello Pacifico affronta invece il problema della denatalità. Se è vero che questo è un fenomeno oggettivo, difficilmente contestabile numeri alla mano, è anche vero che il governo non ha provato a fronteggiarlo in alcun modo.

La denatalità secondo Pacifico poteva infatti essere l'occasione per sdoppiare le classi, ridurre il numero di alunno per singola classe e aumentare l'organico docente e Ata, reintegrando l'organico aggiuntivo del periodo Covid. Questi provvedimenti ipotetici avrebbero beneficiato ugualmente dei fondi del PNRR, ma il governo ha preferito, conclude Pacifico, procedere nella direzione opposta.

Anche Cristina Costarelli, presidente di Anp Lazio, evidenzia le criticità del provvedimento. È infatti vero che il dimensionamento scolastico non va a chiudere i plessi, ma ne va a modificare le dimensioni, eliminando di fatto le cosiddette"Sedi sottodimensionate", che non potrebbero più esistere, in favore di sedi scolastiche più grandi, ma con personale ridotto.

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