Lo scorso 3 novembre è stato approvato il nuovo protocollo sulle quarantene che va a disciplinare i provvedimenti in caso di contagi da Covid 19 all'interno di una classe.
Il 10 novembre la Rete Nazionale di genitori "Scuola in Presenza" ha in tutta risposta manifestato il proprio dissenso contro il protocollo, giudicando la misura illegittima e potenzialmente discriminatoria a causa del diverso trattamento riservato ad alunni vaccinati e non vaccinati.
Il nuovo protocollo. Cosa succede in caso di contagio in classe
Il nuovo protocollo pensato dall'Istituto Superiore di Sanità, dal Ministero della salute, dal Ministero dell'Istruzione e dalle Regioni, ha come obiettivo quello di uniformare i provvedimenti da prendere in caso di contagi in aula.
2 in particolare i punti contestati dai genitori:
- Discriminazione dei minori non vaccinati;
- Violazione della privacy.
Il protocollo afferma infatti che in caso di due contagi all'interno di una classe i provvedimenti sono i seguenti:
- I vaccinati vengono sorvegliati con test a 0 e 5 giorni dal contagio;
- I non vaccinati vanno in quarantena 10 giorni anche qualora il primo test dia esito negativo.
Questo comporta che gli studenti non vaccinati non potrebbero usufruire della didattica in presenza anche qualora risultassero negativi al test, dovendo precauzionalmente allontanarsi dalla classe.
La contestazione da parte dei genitori
Quest'aspetto viene fortemente criticato dai genitori. Nella lettera di protesta infatti il provvedimento viene reputato privo di basi sia scientifiche che giuridiche e l'allontanamento, precauzionale, dalla classe, viene reputata discriminatorio.
La critica dei genitori poggia anche sulla loro interpretazione della posizione ufficiale dell'ECDC, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.
Secondo il Centro in sintesi il principio per gestire le quarantene è quello del "Test to stay": la permanenza in una classe dipenderebbe esclusivamente dall'esito del test senza fare distinzione tra categorie di personale (studenti, dirigenti, insegnanti, Ata…).
Viene inoltre contestata l'attivazione del protocollo solo dopo una determinata soglia di contagi (due in questo caso). Qualsiasi sia il numero infatti, l'unico discrimine rimarrebbe esclusivamente l'esito del test.
In sintesi, insomma, seguendo alla lettera quanto detto, lo stato di non vaccinazione degli studenti dovrebbe essere considerato irrilevante ai fini della disposizione delle quarantene.
L'aspetto della privacy e le vaccinazioni in ambito pediatrico
L'applicazione del nuovo protocollo crea indirettamente anche una violazione della privacy dei minori, in quanto dall'eventuale messa in quarantena si può dedurre lo stato vaccinale del diretto interessato. Questo è un aspetto contraddittorio, che va direttamente a confliggere con la Nota del Garante della privacy del 30/9/2021 secondo la quale non si può venire a conoscenza dello stato vaccinale degli studenti, sia del primo che del secondo ciclo di istruzione.
Qualsiasi sia dunque la forma dei provvedimenti, bisogna tutelare il diritto alla privacy dei ragazzi, in quanto solo i genitori possono essere a conoscenza della loro eventuale vaccinazione.
Cautela anche per quanto riguarda la possibilità di vaccinare i più piccoli. Nella loro lettera i genitori ricordano infatti che non essendo il vaccino anti Covid facente parte del ciclo di vaccinazioni pediatriche obbligatorie, questo deve rispettare la facoltà della libertà di scelta.
In virtù di tale diritto i minori che risultassero non vaccinati per scelta dei genitori, per motivi sanitari, etici o religiosi, non possono subire provvedimenti discriminatori o lesivi.