Dall'inizio dell'anno scolastico si è ripreso a parlare di DaD, soprattutto in relazione alle nuove norme per l'attivazione della didattica a distanza. Dapprima uno strumento utile per permettere lo svolgimento delle lezioni durante il lockdown, nel tempo ha ampliato il divario fra gli studenti in relazione al digitale. A confermarlo, sono i risultati dell'indagine "Gli italiani e la povertà educativa minorile - Ascoltiamo le comunità educanti" realizzata dall'istituto Demopolis. Vediamo cosa dice.
Minori dipendenti da smartphone e divario crescente nell'accesso al digitale
L'indagine dell'Istituto Demopolis ha evidenziato come, secondo il 78% degli italiani, la dipendenza da smartphone e tablet sia il problema principale dei minori. Ma questo risultato è soltanto la superficie. Infatti, le comunità educative interpellate dal sondaggio concordano anche su quali siano i fattori importanti nella crescita di bambini e ragazzi:
- continuità scolastica, per l'80% degli interpellati;
- la socialità fra coetanei, per il 69%;
- le attività sportive e ludiche, per il 63% degli italiani.
Su quest'ultimo punto si sono peraltro espressi la Sottosegretaria Valentina Vezzali e il Ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi nella conferenza stampa sull'educazione motoria nella scuola primaria.
Il 29% degli italiani, invece, inserisce tra gli aspetti fondamentali della crescita Internet e smartphone. Ugualmente negativo è il dato relativo alla DaD, che ha ampliato il divario fra gli studenti soprattutto per quanto riguarda la mancata parità di accesso al digitale. La didattica a distanza ha, in pratica, mostrato l'incidenza del digital divide nelle comunità italiane, un aspetto che il Governo dovrebbe affrontare non soltanto cambiando il ricorso alla DaD. Secondo il campione interpellato da Demopolis, infine, la maggior parte degli italiani è consapevole che la responsabilità della crescita dei minori è dell'intera comunità, e non soltanto della scuola.
La Ministra Messa: la DaD ha permesso all'università di andare avanti
Una diversa prospettiva sulla didattica a distanza la fornisce Maria Cristina Messa, Ministra dell'Università e della Ricerca. Secondo la titolare del MUR:
"Le lezioni sono riprese ma ogni ateneo ha scelto modalità diverse, quasi nessuno ha ripreso con una presenza al 100%. La maggioranza ha previsto l'80% realizzando in contemporanea lezioni in presenza e a distanza. [...] La Dad non è da demonizzare. Ha permesso all'università di non fermarsi, di non perdere lezioni ed esami."
L'approccio universitario - per sua natura più libero e integrato rispetto alla scuola dell'obbligo - è riuscito a utilizzare la DaD come strumento utile per:
- mantenere la continuità dell'apprendimento;
- includere ogni studente al netto delle restrizioni dovute alla pandemia;
- permettere a lezioni ed esami di continuare secondo l'anno accademico.
Didattica a distanza: è utile o dannosa per gli studenti?
I risultati dell'indagine condotta da Demopolis e le parole della Ministra Messa chiariscono, a non volersi fermare sulla superficie, che la DaD è solo uno dei vari fattori che intervengono nella crescita degli studenti. Al pari di altri, come il ricorso a smartphone e tablet o la navigazione su Internet, influisce maggiormente nell'età dello sviluppo rispetto al contesto universitario. Ciò non vuol dire che la DaD sia da demonizzare o da approvare senza alcuna riflessione:
- da un lato, costituisce parte di un approccio integrato all'educazione dei ragazzi, ma da sola non può risolvere i problemi dell'istruzione italiana in tempo di pandemia;
- dall'altro lato, assume un ruolo fondamentale nel proseguimento delle attività degli studenti universitari.
Come evidenziato dai risultati nelle comunità educative del sondaggio Demopolis, grande importanza ha l'intera comunità, senza per questo escludere l'impatto dei genitori al pari delle politiche governative a supporto dell'istruzione.