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Con il nuovo governo sono possibili ritardi nell'attuazione della riforma su formazione e reclutamento dei docenti e sulla stabilizzazione dei precari storici. it-IT Editoriale 2022-10-11T11:42:05+02:00
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Tutte le novità su nuova formazione iniziale docenti e stabilizzazione dei precari

Con il nuovo governo sono possibili ritardi nell'attuazione della riforma su formazione e reclutamento dei docenti e sulla stabilizzazione dei precari storici.

Redazione Universo Scuola
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Cosa ne sarà delle riforme relative a scuola e istruzione con il nuovo governo? L'interrogativo alimenta il dibattito in questi giorni e si fanno strada diverse ipotesi sul nuovo metodo di formazione e reclutamento dei docenti e sulle politiche di stabilizzazione dei precari.

È probabile che ci saranno quantomeno dei ritardi nell'attuare le riforme previste, ma non è nemmeno da escludere che possano esserci dei cambiamenti più profondi in base alla direzione scelta dal nuovo governo.

La riforma Bianchi su formazione e reclutamento: Lega e Fratelli d'Italia vogliono semplificare e stabilizzare i precari

Il DPCM relativo alla riforma Bianchi su formazione e reclutamento dei nuovi docenti era previsto entro il 31 luglio 2022, ma siamo ancora di fronte a un nulla di fatto. L'ipotesi è che il DPCM arrivi entro fine anno, ma di fatto potrebbe anche prevedere modifiche e sorprese, vista la volontà di Lega e Fratelli d'Italia di semplificare la procedura.

Le motivazioni sono dunque essenzialmente politiche: il centrodestra potrebbe infatti rinegoziare i termini previsti dal Pnrr in seguito al ritardo già accumulato dal provvedimento, facendo dunque slittare in avanti l'obiettivo di avere 70 mila neodocenti abilitati in cattedra dopo il nuovo percorso di formazione.

La colpa del ritardo è da imputare al non raggiungimento dell'accordo tra il Ministero dell'Istruzione e il Ministero dell'Università su alcune questioni organizzative.

La parola d'ordine del centrodestra è dunque "Semplificazione". Secondo Mario Pittoni, responsabile leghista dell'Istruzione, dichiara che:
"Vi sono pressioni affinché il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui percorsi formativi abilitanti all'insegnamento conservi le caratteristiche del vecchio Tfa: numero chiuso (mascherato) e tirocinio pure per chi insegna da una vita. Ma se passa tale approccio, di fatto pesantemente vessatorio nei confronti dei docenti con esperienza e in lista d'attesa anche da nove anni, rischiamo una selezione qualitativa al contrario: cioè che i migliori optino per settori lavorativi più accoglienti rispetto alla scuola"
L'obiettivo è quindi quello di valorizzare la scuola a partire dai docenti che da precari hanno già contribuito per anni alle attività didattiche. Possibile il riconoscimento automatico dei Cfu per il tirocinio diretto, con il solo tirocinio indiretto a rimanere obbligatorio.

La già citata assenza del DPCM lascia comunque presagire che, qualsiasi sia l'intenzione del nuovo governo, i 70 mila nuovi insegnanti previsti dalla riforma Bianchi potrebbero arrivare in cattedra non prima del 2025.

Legge 76/22: cosa dovrà definire il nuovo governo

In base alla legge 76/22, il nuovo governo dovrà definire diversi punti relativi alla formazione e al reclutamento dei nuovi docenti, ovvero:

  • Contenuti e struttura del percorso formativo articolato in 60 Cfu/Cfa. Si sa che 10 saranno di area pedagogica con doppia attività di tirocinio, diretto e indiretto di almeno 20 crediti, con 12 ore per cfu in presenza nelle classi;
  • Quantità di crediti vanno riservati alla formazione inclusiva relativa alle persone con disabilità;
  • Percentuale di presenza richiesta alle attività formative per poi poter accedere alla prova finale, nonché le modalità di svolgimento di quest'ultima.

Previsto il riconoscimento dei 24 Cfu/Cfa, già requisito di accesso ai concorsi per l'abilitazione secondo l'ordinamento vigente. Possibile invece il riconoscimento di altri crediti relativi a studi universitari o accademici coerenti col percorso formativo previsto.

Da definire anche la questione economica. I costi di partecipazione alla formazione sono interamente sulle spalle dei corsisti, ma l'idea è quella di calmierare il prezzo, con un tetto massimo che gli atenei potranno proporre ai futuri docenti.

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