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Bianchi va avanti con la sua proposta di riforma reclutamento docenti, ma molte sono le perplessità. Tanti dubbi e molte le reazioni contrarie. it-IT Editoriale 2022-04-20T15:57:10+02:00
Docenti

Riforma reclutamento docenti. La proposta di Bianchi, la reazione di docenti, sindacati e forze politiche. Il punto della situazione

Bianchi va avanti con la sua proposta di riforma reclutamento docenti, ma molte sono le perplessità. Tanti dubbi e molte le reazioni contrarie.

Redazione Universo Scuola
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La proposta del ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi ha sollevato un polverone nel dibattito politico, generando non poche perplessità sulla validità della ipotetica riforma.

Le forze politiche appaiono infatti divise, mentre il malcontento serpeggia tra gli esponenti dei sindacati e tra gli stessi docenti. L'esito della proposta di riforma è quanto mai dubbio. Di seguito un riepilogo complessivo della situazione.

PD e Draghi d'accordo con Bianchi sulla riforma, ma la politica si divide

Ad appoggiare maggiormente il ministro Bianchi nei suoi intenti riformisti sono il premier Mario Draghi e il PD. Una coesione importante, ma non sufficiente di fronte alle tante voci di dissenso che si sono levate contro la proposta.

Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega, nonché Vicepresidente della Commissione Cultura Senato boccia la proposta di Bianchi definendola carente su quelli che dovrebbero invece essere due nodi principali da risolvere ovvero l'abilitazione dei docenti e la loro stabilizzazione.

Secondo Pittoni infatti si ripropone infatti il problema dell'abilitazione di particolari categorie di docenti, come quelli che:

  • insegnano nelle paritarie;
  • sostituiscono i docenti titolari per lunghi periodi ;
  • hanno contratti a tempo determinato;
  • sono "Ingabbiati" in attesa di passare ad un altro insegnamento tramite passaggio di cattedra/ruolo.

Il M5S fa eco alle perplessità di Pittoni, valutando la riforma proposta poco attenta ai bisogni dei futuri studenti ma anche scarsamente approfondita e discussa in parlamento. Una soluzione definita "A scatola chiusa" che mancherebbe della giusta condivisione e di uno scarso focus sulla valorizzazione dei docenti italiani.

Precariato, reclutamento e formazione. Problemi storici della scuola italiana

Il disaccordo delle forze politiche è solo il sintomo di una difficoltà ricorrente nel risolvere problemi storici del sistema scuola italiano. Se si osservano infatti le numerose riforme attuate nel corso degli ultimi 30 anni, ne viene fuori uno scenario assolutamente instabile.

Dal 1989, dopo l'istituzione del doppio canale voluto dall'allora ministro della Pubblica Istruzione Sergio Mattarella, si sono succeduti SISS, TFA, PAS, FIT e l'ultimo concorso secco, voluto dall'allora ministro Bussetti.

Un riassunto veloce e solo parzialmente preciso, ma che fa intendere come gli aspiranti docenti abbiano visto cambiare costantemente le condizioni e le modalità per abilitarsi alla professione tanto desiderata.

Una situazione che ha creato una sacca di precariato che costituisce il 20% del personale docente e che ha esasperato generazioni di insegnanti influendo probabilmente anche sul loro rendimento, sulla loro formazione e sulla passione infusa nel loro lavoro.

Viene dunque spontaneo chiedersi in che modo la proposta di Bianchi possa essere in questo senso risolutiva, dato che di fatto continua a proporre agli aspiranti docenti un percorso confusionario, pieno di tappe e condizioni poco lineari.

La situazione stipendiale rimane inoltre critica rispetto ai colleghi europei, con l'aggravante di una progressione lenta e con scatti in base a fattori di carriera poco chiari e contestabili e con un contratto scaduto da tempo che aspetta di essere rinnovato.

L'insoddisfazione di docenti e sindacati

La proposta del ministro Bianchi viene contestata anche da docenti e sindacati. Pino Turi, segretario generale di UIL Scuola, sostiene che la riforma estenderebbe ai docenti di ruolo gli stessi problemi dei precari.

La riforma sarebbe inoltre il completamento di una gestione pessima dell'ultimo quadriennio, con il numero di precari che da 200.000 è arrivato fino alle 300.000 unità, con un concorso rivelatosi fallimentare e un ipotetica riforma che va a complicare ulteriormente il percorso verso l'abilitazione.

Criticatissimo anche il collegamento tra formazione continua e progressione stipendiale, che andrebbe praticamente a far dipendere l'aumento degli stipendi dei docenti dalla frequenza di corsi selezionati, da sostenere a spese del docente stesso.

FLC CGIL, Gilda e Cisl Scuola contestano con decisione quest'ultimo aspetto, in quanto la commistione tra i temi che riguardano reclutamento e formazione iniziale e quelli riguardanti l'avanzamento di carriera sono da tenere separati.

I secondi in particolari fanno riferimento alla sfera contrattuale e non legislativa, di conseguenza vanno discusse separatamente al tavolo negoziale. Richiesta inoltre una priorità al rinnovo del contratto, in cui inserire in maniera ottimale spunti riguardo formazione e valorizzazione della categoria professionale.

Anita Pelaggi, appartenente al Coordinamento Nazionale Precari Scuola rimarca inoltre la scarsa considerazione della riforma verso i precari storici, che di fatto costituiscono già gran parte del personale docente che manda concretamente avanti tante scuole italiane.

Che senso ha infatti, si chiede Pelaggi, far tornare all'università docenti che già da anche 10 anni lavorano in condizioni di precariato, con termini contrattuali anche insoddisfacenti.

Bozza da approvare entro giugno. Obiettivo 70.000 immissioni al 2024. Formazione per gradi

Come si evolverà la situazione è un grandissimo punto interrogativo. Data la mole di critiche piovuta su Bianchi, sembra improbabile che il ministro vada dritto per la sua strada con un così scarso appoggio politico e un malcontento generalizzato. La riforma va inoltre presentata alla Commissione Europea, essendo connessa al Pnrr. Questo fattore potrebbe sollecitare Bianchi a modificare qualcosa, per far sì che l'Italia si presenti più coesa politicamente all'appuntamento con la Commissione Europea, vista anche la scadenza dell'approvazione entro giugno. Si ricorda per completezza di informazione che la riforma prevede concorsi su base annuale per raggiungere 70.000 immissioni in ruolo entro il 2024.

Il reclutamento prevederebbe due percorsi differenti:

  • Il primo per i neolaureati, incentrato sulla formazione iniziale
  • Il secondo per i precari con tre anni di servizio

Prevista infine una fase transitoria, per velocizzare l'immissione dei docenti fino al 2024.

Riguardo gli scatti di carriera come detto sopra, sarebbero collegati alla formazione continua tramite frequenza di corsi formativi specifici, ma anche alla valutazione dei risultati ottenuti dai docenti con gli alunni(altro punto che ha generato molta perplessità, in quanto potrebbe inquinare l'obiettività nella valutazione).

La formazione permanente si articolerebbe in cinque gradi, ognuno valutato tramite una verifica finale: il primo consisterebbe in un percorso quadriennale, mentre gli altri sarebbero percorsi quinquennali.

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