L'approvazione del Decreto 36 ha destato non pochi malumori tra docenti, esponenti politici e sindacali. Tra questi ultimi, in particolare, a far sentire la propria voce sono stati Turi e Sinopoli, rispettivamente leader di Uil Scuola e Flc-Cgil. Ambedue polemizzano rispetto la questione formativa della classe docente, riferendosi specialmente alla "finta formazione incentiva". Premesse e modalità sono infatti a loro dire totalmente infondate, nonché - commentano alacremente - "un attacco alla scuola pubblica".
IL COMMENTO DI PINO TURI (UIL SCUOLA)
Il numero uno di Uil Scuola non concorda affatto rispetto alla formazione obbligatoria a cui i docenti saranno sottoposti, peraltro fuori dall'orario di servizio scolastico.
A suo dire, infatti, ci troviamo dinanzi ad un governo "debole", non in grado di far sentire le proprie ragioni se non imponendole: quando si arriva alla decretazione per definire diritti ed obblighi, anziché affidarsi alle formule contrattuali, vuol dire che si è davanti ad una politica non aperta al dialogo - commenta.
La riforma, continua Turi, aveva l'obiettivo di risolvere il precariato: invece, "l'inversione di campo della materia contrattuale è rimasta". Per tali motivi è necessaria una revisione del DL che verrà sostenuta dai sindacati - avverte - anche se si dovesse giungere alla stessa contrattazione con l'Aran.
LE PAROLE DI SINOPOLI (FLC-CGIL)
Anche Sinopoli esprime grossomodo le medesime argomentazioni: sottraendo potere alla contrattazione si è riusciti ad imporre una "finta formazione incentiva". Questo non sarà altro modo che promuovere ulteriormente la competitività.
Occorre individuare risorse aggiuntive in vista della Legge di Bilancio, piuttosto che operare tagli e "spalmarli" grossolanamente su tutto lo scomparto. Certo - commenta - qualche piccola miglioria c'è stata, quantomeno rispetto alla questione reclutamento, ma nulla di realmente gratificante.
D'altra parte, rammentando lo sciopero dello scorso 30 maggio, il dissenso è stato notevole perché ha visto la partecipazione anche del 50% in alcune città. I sindacati si impegnano pertanto a sfidare la politica ad ascoltare le reali esigenze dello scomparto scolastico: non si può pensare che un aumento di 100 euro possa considerarsi una cifra sufficiente a rispondere ai problemi legati al recupero del "divario che separa le retribuzioni della scuola" da altre nazioni, come pure da altri comparti.
È necessario operare un riallineamento con i compensi percepiti dai dipendenti impiegati in altri settori della pubblica amministrazione e, più in generale, con quelli percepiti dai docenti degli altri paesi della comunità europea. Soltanto così si può pensare di valorizzare la professione degli insegnanti.