La dispersione scolastica è uno dei temi caldi degli ultimi tempi. Il fenomeno è purtroppo in crescita da diversi anni. Gli ultimi dati confermano però che anche l'università è interessata da questo trend. Cresce infatti la percentuale di giovani che abbandonano gli studi universitari. Contemporaneamente diminuiscono le iscrizioni. Poca volontà da parte degli studenti? Guai a semplificare: la questione è infatti più complessa.
Università: abbandono in crescita e diminuzione iscrizione. I numeri di una crisi
Il tasso di abbandono degli studi universitari è cresciuto di un punto percentuale nell'ultimo decennio. Dal 2011/12 al 2021/22, si è infatti passati dal 6,3% al 7,3%. Il fenomeno riguarda maggiormente gli uomini (7,4%) che le donne (7,2%).
A mollare sono tantissimi neoiscritti: l'abbandono avviene spesso al primo anno di università, con il 7,1% di ritirati tra i neoiscritti. Da questo punto di vista, il potenziamento dell'orientamento progettato dal ministro dell'Istruzione e del Merito Valditara potrebbe contribuire a evitare errori nella scelta del percorso di studi.
All'abbandono degli studi universitari si accompagna un fenomeno complementare: la diminuzione delle immatricolazioni. Nell'ultimo biennio si è registrato un -5%. La riduzione dei nuovi iscritti è da ricondurre anche al caro affitti per i fuori sede, per cui sono in corso tante proteste nelle ultime settimane e all'incremento del costo delle tasse di iscrizione.
Perché gli studenti abbandonano l'università?
Il rischio che si riduca il fenomeno dell'abbandono dell'università al solito ritornello degli "Studenti bamboccioni" è alto. La questione è tuttavia molto più complessa di così. Innanzitutto, studiare è sempre più un privilegio: il rincaro di affitti e tasse è un dato oggettivo, così come è oggettivo che il costo della vita si sia alzato, senza che gli stipendi e le opportunità lavorative si siano adeguate.
Sono sempre più le famiglie che non possono mantenere uno o più figli all'università, specie se alle spese standard bisogna sommare quelle relative a un affitto. Il pendolarismo costringe inoltre gli studenti a ritmi massacranti, che rendono più difficile lo studio in sé, favorendo l'abbandono. Studiare non può insomma diventare un autolesionistico massacro psicologico ed economico.
Il fenomeno dell'abbandono universitario, come quello della dispersione scolastica, va inoltre analizzato tenendo conto di quello che è lo stato delle generazioni che sono state coinvolte dalla pandemia di Covid-19.
Secondo lo studio "Chiedimi come sto" realizzato dall'Istituto di ricerca Ires dell'Emilia Romagna, lockdown e didattica a distanza hanno pesantemente influenzato i giovani. Disturbi d'ansia, preoccupazione per il futuro, aumento degli episodi di autolesionismo e di disturbi alimentari: la salute mentale degli studenti italiani ha subito un duro colpo, con nove studenti su dieci che hanno manifestato comportamenti riconducibili a uno di questi disagi psicologici.
Contestualmente lo studio dell'Ires ha registrato una più alta propensione all'abbandono degli studi, più marcata proprio tra gli universitari (33,7%) che tra gli studenti delle superiori (22,7%).
Tra le statistiche più interessanti per comprendere il fenomeno, si segnala che sono più inclini ad abbandonare l'università studenti:
- Di categorie spesso discriminate, come studenti di genere non binario (46,4%) o extra-Eu (33,5%);
- Del Sud (29,7%) e delle isole (28,1%);
- Che frequentano in una regione o provincia (32%) o regione (32,8%) diverse da quella di residenza;
- Pendolari che impiegano più di 60 minuti per raggiungere l'ateneo (34,3%);
- Con entrambi i genitori che hanno al massimo la licenza media inferiore (34,4%);
- Con entrambi i genitori non occupati (39,8%) o con una famiglia che ha subito un peggioramento della propria condizione economica (35,2%).ù
Da questi dati si evince dunque che il fenomeno richiede un'analisi stratificata, che tiene conto delle criticità che attraversano tutto il territorio nazionale e della complessa situazione socioeconomica del nostro paese.