Il mondo è in continua evoluzione e, nel suo costante divenire, coinvolge inevitabilmente anche la scuola. Se, infatti, in passato molti aspetti venivano sottovalutati e sminuiti, al giorno d'oggi si cerca di prestare una maggiore attenzione alle esigenze dei singoli studenti che, in quanto soggetti a se stanti, possono presentare delle necessità specifiche che devono essere comprese e trattate come tali.
Per tanti anni sono stati utilizzati termini come "disturbo" o "sindrome" per indicare i problemi manifestati da alcuni studenti; l'evoluzione, soprattutto in ambito medico-scientifico, permette oggi di poter utilizzare terminologie diverse, non discriminanti e che, al contrario, hanno come obiettivo finale la valorizzazione delle particolarità che caratterizzano ciascun individuo.
Cos'è la neurodiversità?
La neurodiversità consiste in metodo che consente di approcciarsi diversamente a termini come disturbo o sindrome, di natura prettamente medica. Questa denominazione nasce nel 1998 per opera della sociologa australiana Judy Singer che, involontariamente, ha dato vita a un vero e proprio movimento che punta a far comprendere come molte persone, nonostante abbiano un funzionamento neurologico diverso rispetto a quello definito "normale", non siano malate.
Ecco perché si preferisce definirle persone "neurodiverse" e persone "neurotipiche", due termini che si basano sulla consapevolezza, appoggiata dalle neuroscienze, che ogni individuo possieda un suo specifico funzionamento neurologico e, pertanto, deve essere trattato adeguatamente.
Neurodiversità: come riconoscerla
Considerando che un soggetto neurodiverso non presenta necessariamente segnali visibili (come menomazioni o difficoltà motorie), bisogna scavare più a fondo per riconoscerne la neurodiversità: spesso di esprime attraverso un modo diverso di processare le informazioni interne ed esterne, il che porta a differenze sia nella sintonizzazione emotiva, cognitiva e sensoriale, sia nel ritmo dell'interazione e dell'espressione personale da parte del soggetto.
Le persone neurotipiche, infatti, hanno un modo tutto loro di percepire, elaborare e intendere la realtà; questo non vuol dire, quindi, che sia un modo inferiore, ma semplicemente differente. La soluzione sta nel comprenderlo attraverso intuito e conoscenza. Generalmente, questi soggetti:
- Non rispettano le tappe di sviluppo previste;
- Non sono allineate alle altre persone in merito ad apprendimento, capacità di acquisire e utilizzare le informazioni ricevute, sentire e percepire il mondo e gli altri;
- Trovano difficile, se non impossibile, riuscire ad apprendere utilizzando gli strumenti standard previsti dalla didattica scolastica, che prevedono modalità, ritmi e tempistiche non idonei alle loro esigenze;
- Non riescono a tenere il passo di fronte a programmi di default e non personalizzati previsti dalla scuola;
- Fanno fatica a portare a termine anche il lavoro più semplice se le condizioni sensoriali non sono adeguate;
- Presentano una diversa percezione visiva, che le porta a riscontrare difficoltà nell'attenzione, nella lettura, nella scrittura e nell'apprendimento, scatenando stati d'ansia e affaticamento;
- Mostrano difficoltà nel momento in cui devono risolvere dei compiti seguendo gli schemi comuni;
- Possiedono abilità inaspettate o insolite o, al contrario, fragilità di funzionamento rispetto ai loro pari;
- Dimostrano competenze disomogenee (sono molto capaci in un ambito ma estremamente scarsi in un altro, generalmente l'opposto);
- Non hanno una giusta correlazione tra cognizione ed emotività, il che li porta spesso a essere etichettati come "soggetti immaturi";
- Sviluppano modalità di apprendimento da autodidatta.
La neurodiversità è talmente complessa ed enigmatica che ha bisogno di tempo , preparazione e assidua frequentazione del soggetto in questione per essere scoperta e analizzata in tutti i suoi aspetti. Ecco perché è sempre e comunque indispensabile la presenza di esperti che, grazie alle loro competenze, sono sicuramente facilitati nell'acquisire la giusta familiarità.
La neurodiversità a scuola
Fatta chiarezza sulla neurodiversità, bisogna purtroppo ammettere che la scuola, nonostante i numerosi passi avanti degli ultimi anni, non è ancora ad altezza di persone neurotipiche sotto tanti punti di vista, a partire dall'inclusione, passando per l'individualizzazione e finendo con la personalizzazione.
Eppure, proprio la scuola potrebbe essere una risorsa incredibile in questo senso: avrebbe, infatti, tutte le carte in regola non solo per individuare tutti quei segnali utili alle famiglie per comprendere e inquadrare al meglio il funzionamento neurodiverso del figlio, ma anche per creare un ambiente mirato a valorizzare le caratteristiche specifiche dell'alunno interessato.
Ovviamente, la comprensione necessita di formazione, studio, consapevolezza; sono proprio i professionisti, infatti, ad avere le capacità e gli strumenti giusti per immedesimarsi negli alunni neurodiversi e coglierne emozioni e cognizioni. Questo, però, non esclude che anche i docenti e tutto il personale scolastico potrebbero, anche in modo superficiale, iniziare ad acquisire alcune nozioni utili per scoprire come approcciarsi verso questi studenti neurotipici.
In generale, poi, la scuola dovrebbe cambiare il proprio punto di vista anche sull'apprendimento: basta vederlo, insieme al comportamento sociale, come un percorso durante il quale valutare con un voto il funzionamento di una persona; al contrario, dovrebbe optare per una visione ramificata e diversificata, entrando nell'ottica che un alunno potrebbe anche:
- Avere difficoltà nel mantenere la concentrazione o dover svolgere più compiti contemporaneamente (potrebbe essere sintomi di ADHD);
- Avere difficoltà nel relazionarsi con i compagni e svolgere determinati compiti (potrebbe essere indice di sindrome di Asperger).
Fino a quando non si investirà seriamente su questo aspetto, è altamente probabile che molti bambini, ragazzi, adolescenti siano etichettati semplicemente come "svogliati", "pigri", "lenti", se non addirittura "stupidi". Cercare e sfruttare l'appoggio di professionisti (quali psicologi, educatori, psichiatri e così via) potrebbero rivelarsi grandi risorse per tutta l'istituzione scolastica.
Psicologia positiva e approccio bio-psico-sociale
La diffusione di un pensiero inclusivo in ambito scolastico e non solo è attualmente agevolato dalla psicologia positiva e dall'approccio bio-psico-sociale, delle metodologie che permettono di coinvolgere la diversità neurologica nella vita di tutti i giorni. Un esempio è dato dalla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), che si muove seguendo le linee guida proprio della prospettiva Bio-Psico-Sociale, che spinge a riconsiderare la disabilità e sottolinea quanto la società sia importante nel determinare le limitazioni dell'individuo neuroatipico, spesso e volentieri costretto a vivere, studiare, crescere e confrontarsi in contesti assolutamente inadatti alle sue esigenze.
L'invito di entrambi gli approcci è di iniziare ad ascoltare le reali necessità delle persone neurodiverse, aiutandole a vivere la propria diversità come una risorsa, e non come un disagio.
Le neurodiversità a scuola
Tra le varie condizioni neurologiche che possono essere definite neurodiversità nell'ambito scolastico si possono menzionare:
- L'autismo (che comprende anche la sindrome di Asperger);
- L'alto potenziale cognitivo (plusdotazione o APC);
- Le difficoltà specifiche dell'apprendimento (DSA);
- La sindrome di Tourette;
- La disprassia (disturbo della coordinazione motoria).
Ciascuna di queste neurodiversità è caratterizzata da peculiarità proprie e specifiche, che come tali devono (o dovrebbero) essere trattate per migliorarle e sfruttarle come risorse utili per la formazione e la crescita personalizza dell'individuo.
Autismo e sindrome di Asperger
Dal 2013 l'autismo e la sindrome di Asperger sono stati riuniti sotto un'unica definizione, cioè "spettro autistico". Questa scelta deriva dal fatto che l'autismo non è delimitato da contorni ben definiti, ma le sue caratteristiche (i sintomi) sono presenti in modo variabile in tutta la popolazione e, quindi, anche nelle persone neurotipiche. Solo quando si ha un'alta concentrazione di queste caratteristiche in un unico soggetto si può arrivare a compiere una diagnosi.
Le peculiarità dello spettro autistico sono molte e spesso differiscono in base al soggetto colpito. Riguardano sia aspetti comportamentali, che emozionali, che cognitivi e il compito della scuola sta nel coordinarsi con gli esperti che seguono il caso (psichiatra, psicologo, neuropsichiatra, logopedista ecc) in modo utilizzare gli strumenti più adeguati e scegliere l'approccio migliore per stimolarne le capacità e ottenere anche dei minimi risultati.
Alto potenziale cognitivo (plusdotazione o APC)
Si può parlare di alto potenziale cognitivo o plusdotazione quando il tasso di sviluppo intellettivo di un soggetto risulta superiore allo standard per pari età, cioè dai 120 QI, e quando ci si trova di fronte a uno sviluppo asincrono fra quello emotivo e quello cognitivo.
Un bambino con APC, per esempio, si rivela estremamente sensibile e con un'emotività talmente tanto intensa da portarlo a elaborare il mondo in modo più profondo, rapido e intuitivo. Questo spesso lo porta a sentirsi sopraffatto dalla complessità di ciò che realmente accade intorno e dentro di lui, con il rischio di sviluppare sfiducia e demotivazione verso la sua stessa persona.
Dovendo combattere con bisogni emotivi profondi, i bambini con APC solitamente sviluppano comportamenti di sfida o disobbedienza, caratterizzati da numerose richieste (anche inutili). Possono manifestare interessi tutt'altro che comuni, solitamente non condivisi dai loro coetanei e, di conseguenza, tendono a isolarsi in un loro mondo fatto di storie, idee e progetti immaginari.
Disturbi specifici dell'apprendimento (DSA)
Per DSA si intendono i disturbi specifici dell'apprendimento che si manifestano nelle abilità di lettura, scrittura e calcolo, meglio conosciute come:
- dislessia, cioè difficoltà nella lettura;
- disgrafia e disortografia, cioè difficoltà nella scrittura;
- discalculia, cioè difficoltà nei calcoli.
Con la legge 170/2010 questi quattro disturbi sono stati riconosciuti come urgenti; di conseguenza, necessitano di diagnosi rapide e affidabili in modo da consentire a tutta l'equipe coinvolta di identificare il disturbo specifico e dare supporto alle scuole e alle università in modo adeguato.
Non a caso, infatti, i DSA rientrano tra le principali cause di difficoltà scolastiche e, a volte,di abbandono della scuola. In Italia, spesso le diagnosi risultano insufficienti, tanto che almeno due studenti con dislessia su tre non vengono riconosciuti. Questa mancata diagnosi influisce negativamente sulla storia dell'individuo, tanto da spingerlo a non laurearsi o a sentirsi inadeguato a determinati contesti lavorativi.
Risulta, quindi, indispensabile riconoscere, diagnosticare, pianificare e utilizzare gli strumenti giusti per intervenire in modo del tutto personalizzato con gli studenti con DSA, permettendo loro di apprendere e ottenere miglioramenti e risultati.
Sindrome di Tourette
La sindrome di Tourette rientra tra le malattie neuropsichiatriche che colpiscono cervello e comportamento; è caratterizzata dall'emissione di suoni e rumori involontari e incontrollati, spesso accompagnati da espressioni facciali e movimenti denominati tic.
La sindrome compare solitamente durante l'infanzia, per persistere anche in età adulta. Nella maggior parte dei casi è a diffusione famigliare e può essere associata a un disturbo ossessivo-compulsivo o a un disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
Come accennato, gli individui affetti da Tourette manifestano tic vocali, fisici e motori siasemplici, che complessi. Di solito non comportano un grave problema di salute per la persona, ma gli scatti improvvisi possono risultare fastidiosi e dolorosi. Inoltre, il fatto di non poter assolutamente controllare l'emissione di suoni e movimenti involontari, può portare all'isolamento sociale, all'imbarazzo e, ovviamente, a una scarsa autostima.
I bambini con sindrome di Tourette possono manifestare altri problemi comportamentali, come collera improvvisa, atteggiamenti inadeguati o anti-sociali nei confronti di altri bambini o adulti. Gli insegnanti e i compagni, quindi, devono assolutamente esserne a conoscenza e avere delle minime nozioni per poter intervenire in caso di bisogno.
Disprassia (disturbo della coordinazione motoria)
Con disprassia si intende un'alterazione dello sviluppo degli apprendimenti gestuali. I gesti, come tutti sanno, sono dei movimenti che si coordinano nel tempo e nello spazio con l'obiettivo di dar vita a un'azione finalizzata. I soggetti con disprassia eseguono questi movimento in modo sincronico e/o inefficace.
Non si conoscono ancora le reali cause della disprassia, ma di certo sono state escluse lesioni cerebrali e immaturità di alcuni circuiti nervosi del cervello.
Il disturbo può manifestarsi attraverso un ritardo nel raggiungimento delle principali tappe dello sviluppo motorio, come il gattonamento o la deambulazione, accompagnato da movimenti goffi, disgrafia e difficoltà nell'eseguire anche gli sport più semplici. In poche parole, il bambino incontra degli ostacoli motori che non hanno niente a che fare con il quoziente intellettivo.